Non esiste una tossicodipendenza che non cominci vicino a un’esperienza di dolore o privazione, questo emerge con chiarezza dall’ascolto delle loro storie individuali.
La scommessa clinica nel lavoro dell’équipe di Cascina è costruire una forma di domanda che cominci a mettere in discussione la droga come soluzione e successivamente sviluppare la domanda di aiuto in una domanda di trasformazione della propria vita.
Questo percorso viene articolato in tre passaggi:
- la messa in discussione della soluzione tossicomanica;
- il passaggio dalla domanda di aiuto ad una domanda di sapere;
- la costruzione, all’interno del lavoro clinico ed educativo, di un progetto di vita che converta il godimento della sostanza e del denaro in un desiderio generativo nel tempo.
Cascina è un dispositivo integrato di cura in cui interagiscono, grazie alla condizione della semi-residenzialità, il piano clinico e quello educativo.
Prendersi cura significa per noi la ricostruzione del legame sociale che le sostanze hanno distrutto, attraverso l’approccio educativo.
La lunga esperienza degli operatori ha portato a comprendere l’importanza di accogliere silenziosamente le fragilità e le debolezze di ogni soggetto evitando derive moralistiche o buoniste. Dunque mettiamo all’opera una politica sociale del recupero del tossicodipendente che non punta alla sua umiliazione e pentimento, quindi non c’è discorso moralistico, ne tanto meno idealistico, bensì la possibilità dell’emancipazione di ciascuno dalla ripetizione mortale della pratica tossicomanica verso un inserimento nel legame sociale.
Ecco perché la Cascina Onlus non è semplicemente un luogo di cura ma un evento della città che introduce una novità rispetto al discorso sociale dominante.
La società contemporanea è una società che mette l’oggetto di consumo al posto dell’ideale sociale. In questo senso la società contemporanea propone una forma di anti-amore consumista. Il primato della cocaina nei gusti dei tossicomani evidenzia inoltre la sovrapposizione tra droga e prestazione sociale. Nella società contemporanea il soggetto non fa esperienza del limite perché l’illimitato è una dimensione costitutiva del discorso capitalista dove il godimento ha sostituito il millenario invito al sacrificio. La “perversione capitalistaW” è al centro delle tossicodipendenze.
Invece “abitare i legami sociali” implica il ricorso alla parola per farsi rappresentare e per prendervi parte; obbliga a porre un limite al proprio godimento solitario. Il fondamento ultimo della cura è la sostituzione dell’insensatezza della droga con il senso dei legami di parola di cui fanno esperienza nel nostro centro quotidianamente.